Quando si parla di trasporti bisogna sempre tenere in considerazione che questo è uno dei settori cruciali da modificare per cercare di ridurre le emissioni di gas serra nel nostro pianeta. Come riportato dall’IEA nel 2022 c’è stata una ripresa dell’attività di trasporto di passeggeri e merci post Covid-19. L’aumento delle emissioni di CO2 a livello globale è stato del 3% rispetto all’anno precedente. Oltre a ciò dobbiamo considerare che, nonostante sappiamo di dover andare verso un net zero, cioè zero emissioni, quelle emesse dal settore dei trasporti sono cresciute a un tasso medio annuo dell’1,7% dal 1990 al 2022. Questo significa che per rispettare la prospettiva del Net Zero Emissions (NZE) entro il 2050, le emissioni di CO2 del settore dei trasporti dovrebbero diminuire di oltre il 3% all’anno entro il 2030. Servono quindi azioni concrete e di fatto dobbiamo decarbonizzare i trasporti.
Vale a livello globale ma vale anche nel locale del nostro Paese. In Italia, come spiega l’Ispra, il settore dei trasporti contribuisce per il 22.6% alle emissioni nazionali di gas serra. Un dato riferito al 2020, anno in cui comunque il contributo del settore dei trasporti è diminuito in funzione delle restrizioni alla mobilità dovute alla pandemia globale. Se guardiamo all’interno del settore vediamo che i trasporti stradali costituiscono la fonte maggioritaria di emissioni (92.1% del settore dei trasporti, considerato complessivamente), seguito dalla navigazione (5.5% del totale), dall’aviazione (1.4% del totale), dall’altro trasporto (0.8% ) e dalle ferrovie (0.2%). Decarbonizzare, o rendere green, questo settore è quindi una sfida tanto importante quanto necessaria. All’interno del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ci sono diversi fondi dedicati a questa sfida.
Vogliamo concentrarci sul settore portuale ed in particolar modo sul progetto “Porti verdi”. Green Ports ha come obiettivo proprio quello di rendere le attività portuali sostenibili e compatibili con i contesti urbani portuali. Lo fa, o dovrebbe farlo, attraverso il finanziamento di interventi che mirano all’efficientamento ed alla riduzione dei consumi energetici delle strutture e delle attività portuali.
Insomma l’obiettivo dell’investimento è quello di rendere le attività portuali più pulite e, secondo italiadomani, “queste misure contribuiranno a ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 55% entro il 2030”.
I porti in Italia ad oggi sono 58 e, come si legge in una risoluzione presentata lo scorso 4 agosto in Commissione trasporti dall’Onorevole Valentina Ghio “l’Italia è il secondo paese europeo, dopo i Paesi Bassi, per la movimentazione di merci via mare e seconda solo al Regno Unito per il trasporto marittimo a corto raggio (IT&IA, 2021). La rete logistica è uno dei fattori abilitanti per il successo del Paese nella sfida del commercio internazionale: nel 2019 la movimentazione di merci è stata pari a quasi 500 milioni di tonnellate, operata principalmente su navi che trasportano liquidi (37 per cento, in particolare petrolio e derivati), container (23 per cento) e traghetti (22 per cento) (IT&IA, 2021)”.
I porti di Trieste, Genova, Ravenna, Taranto, Livorno e Gioia Tauro – si legge sempre nel documento – sono tra i primi cinque porti nel Mediterraneo per movimentazione merci in diverse categorie; l’Italia, secondo i dati disponibili, si situa al primo posto, in Europa e nel Mediterraneo, per quanto riguarda il movimento via mare di merci e passeggeri tra porti localizzati nell’Europa geografica o tra questi e i porti situati in paesi non europei con una linea costiera che si affaccia sui mari chiusi alle frontiere dell’Europa, cosiddetto Short Sea Shipping.
In un panorama del genere quindi, è facilmente comprensibile come il tema portuale non sia di secondaria importanza. Il progetto Porti Green ha messo a disposizione 270 milioni di euro interamente finanziati dal PNRR. Il conmpletamento dei lavori dovrebbe avvenire entro il 2025 ma sappiamo già che la sola assegnazione sembra essere in ritardo. I porti che parteciperanno a questo progetto sono nove e di otto di questi è già stato aggiudicato il lavoro. Il termine ultimo per l’assegnazione dei lavori sarebbe stato dicembre 2022, ma sappiamo che manca ancora un porto da aggiudicare.
In ogni caso i progetti già in essere sono 30, di cui 12 in Liguria, cinque in Toscana, quattro in Lazio, quattro in Friuli-Venezia Giulia, due in Veneto, due in Sardegna e uno nelle Marche.
In Veneto i progetti sono due, riguardano entrambi il porto di Venezia e complessivamente hanno avuto un finanziamento di due milioni di euro spartiti tra 115 mila euro dedicati alla realizzazione di 8 colonnine per fornitura energia elettrica per i mezzi di servizio a Venezia e Chioggia e 1,9 milioni di euro per l’acquisto di imbarcazioni ad idrogeno. Quest’ultimo punto è forse quello più intricato inerente al bando “Porti Verdi”. Come si legge in un comunicato stampa del 23 marzo 2022 , “ i Porti di Venezia e Chioggia si sono visti assegnare 11.6 milioni di euro per la realizzazione di impianti fotovoltaici presso i terminal PSA Venice–Vecon, Terminal Rinfuse Venezia SPA e Venezia Terminal Passeggeri, per l’elettrificazione delle banchine Veneto e Sali del Terminal Multiservice a Porto Marghera e per l’installazione di otto colonnine per l’alimentazione di energia elettrica per autovetture. A queste si aggiungono le risorse riconosciute per gli investimenti dedicati allo sviluppo dell’idrogeno per complessivi 10.1 milioni di euro destinati alla realizzazione di una piccola centrale di produzione e della relativa stazione di rifornimento, all’acquisto di due locotrattori ad idrogeno e di un mezzo nautico ad idrogeno e infine la creazione di un punto di produzione di energia elettrica a cella combustibile nell’area Venice Newport Container & Logistics S.p.A.” L’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Settentrionale, contattata da noi per avere maggiori informazioni, ci ha spiegato nel dettaglio la complessità della realizzazione di ciò che è stato finanziato con 1,9 milioni di euro. È un progetto che, in sinergia con i porti di Trieste e Livorno, dovrebbe essere un primo tassello verso la costruzione di un’imbarcazione totalmente ad idrogeno. “Non c’è ad oggi un’imbarcazione full-hydrogen sul mercato – hanno dichiarato dall’area ricerca e sviluppo dell’autorità portuale di Venezia -. Il nostro progetto, con Livorno e Trieste, è proprio quello di cercare d’essere i primi a realizzare questo tipo di natante. Il lavoro non è semplice perché la progettazione, con conseguente parte burocratica, di qualcosa che non esiste ancora è complessa ed intricata. Serve un approccio anche interministeriale tra il Ministero dei Trasporti e quello dell’Ambiente”. Un approccio però che incontra non poche difficoltà. Tra cambiamenti dirigenziali all’interno del ministero dell’Ambiente stesso e tra le richieste che a volte cozzano con la realtà, i tempi per progettare e realizzare una barca totalmente ad idrogeno iniziano ad essere stretti.
Una versione di questo articolo è uscita su ilbolive.unipd.it