Riportiamo dalla relazione della Direzione investigativa antimafia (Dia, primo semestre 2022) questo passaggio (pg.310): “L’esperienza investigativa maturata negli anni ha evidenziato che le imprese mafiose tenterebbero l’inquinamento delle procedure di gare pubbliche già dalla fase di stesura del bando mediante varie forme di connivenza con funzionari pubblici. Le tecniche di penetrazione economica possono concretizzarsi già nella fase di programmazione e di progettazione delle opere pubbliche mediante una mirata azione corruttiva dei funzionari della stazione appaltante e dei tecnici/professionisti incaricati. Peraltro l’impresa che si aggiudica l’appalto spesso realizza il progetto esecutivo confidando sin da subito sulle varianti da adottare in corso d’opera e sul conseguente accrescimento dei ricavi. Laddove non risulti possibile fruire di compiacenze che favoriscano l’inserimento nella fase prodromica, i gruppi criminali sono soliti attivare forme di pressione estorsiva nei confronti delle aziende affidatarie dell’appalto, costringendole alla cessione dei servizi connessi ad aziende affiliate”.
Questa nota va letta assieme alla seguente che troviamo nella parte della relazione dedicata al Veneto (pg 226): “In particolare, dall’operazione “Fiore reciso” emerge la capacità degli esponenti di ‘ndrangheta di intrattenere rapporti d’affari con gli operatori locali, preferendo alle forme tradizionali di intimidazione l’avvio di interlocuzioni con professionisti, imprenditori e funzionari pubblici”